evermore

Ci sono amori che non finiscono. Non perché ci sia ancora qualcosa da dire, ma perché certe persone si incastrano nell’anima come una chiave che gira una volta sola nella vita. Il tempo non sempre scalfisce ciò che il cuore ha deciso di custodire.

A volte mi manchi come manca l’aria in una stanza troppo chiusa, ma continuo a respirare lo stesso, fingendo che vada tutto bene. Lo faccio per rispetto, per dignità, perché l’amore vero, anche quando fa male, sa restare in silenzio. E nel silenzio nascondo tutta la forza di chi sceglie di non disturbare l’equilibrio dell’altro, anche se dentro cade a pezzi.

Mi sono chiesto mille volte se scrivere. Se dirti che anche adesso, in mezzo a tutto, sento ancora il tuo nome. Il tuo nome è mio. Ma poi capisco che il mio amore ha preso una nuova forma: quella di chi lascia andare. Non per rassegnazione, ma per rispetto. Come nella fiaba, quando la Bestia, guardandola andare via, non cerca di trattenerla. Perché l’amore vero, si manifesta anche nel silenzio dell’addio.

Tu ora sorridi con altri occhi, e io rimango qui, nell’eco della tua assenza, in questa torre senza finestre che mi sono costruito da solo. Eppure, anche qui, ogni tanto, mi sembra di sentire ancora la tua voce tra le pareti, come una promessa sussurrata e mai mantenuta. I was the one who stayed… e ancora resto. Non come speravo, ma resto. Perché anche se tu non tornerà mai, io non ti ho mai lasciata davvero.

C’è un dolore sottile in questo amore che non chiede nulla, ma che continua a esistere. È la mia forma di fedeltà. E anche se nessuno lo saprà mai, anche se tu non leggerà mai queste parole, dentro di me è come se ogni giorno ti dicessi: sto bene, anche se non è vero. Continuerò a vegliare da lontano, in questa eternità sospesa… evermore.

White Towels

‘I’ve been studying the difference between solitude and loneliness. Telling the story of my life to the clean white towels, taken warm from the dyer and held to my chest, a sad substitute for a body pulled in close,’

“I miss most even now his hands, the expressive grace and heft of them. The heat of his hands on my skin, the wrap of his arms, two becoming one. I carry the stack of towels upstairs, carefully cradling them so as not to let them tumble. Save one, still damp, the top one I had pressed against my face, which needs more time for drying,’

Costanza > Motivazione

Siamo esattamente a metà di questo 2025. Davanti a noi 6 mesi nuovi di zecca.

Ogni giorno può essere l’occasione per trasformare (in meglio) la nostra vita, ma queste date simboliche possono rendere la nostra trasformazione un pochettino più epica.

Allora ti chiedo: come vivrebbe i prossimi 6 mesi la persona che vuoi diventare?

“Costanza > Motivazione”.

Che belle sono quelle giornate in cui ci svegliamo super-pimpanti, energici e motivati?!

In quei giorni tutto ci appare possibile e tutto ci riesce con facilità.

C’è solo un problema: se il nostro piano nella vita è aspettare queste giornate “magiche”per darci da fare, difficilmente realizzeremo i nostri sogni.

La motivazione è un’emozione belissima ed è importante ascoltarla, perché ci indica se stiamo per intraprendere progetti professionali e personali che risuonano con la nostra anima.

Dobbiamo però smetterla di pensare che una volta trovata “la strada giusta”saremo sempre motivati: è una balla.

I momenti di motivazione sono come quei cartelli che compaiono di tanto in tanto su un ripido sentiero di montagna: ci danno conferma che stiamo seguendo la traccia corretta, ma non rendono il sentiero meno faticoso.

Quello che ci porterà in cima sono i passi che compiamo uno dietro l’altro, senza fretta, ma senza sosta.

La costanza batte la motivazione ogni singolo giorno dell’anno.

Keep goin’!

Il futuro

E so molto bene che non ci sarai.
Non ci sarai nella strada,
non nel mormorio che sgorga di notte
dai pali che la illuminano,
neppure nel gesto di scegliere il menù,
o nel sorriso che alleggerisce il “tutto completo” delle sotterranee,
nei libri prestati e nell’arrivederci a domani.
Nei miei sogni non ci sarai,
nel destino originale delle parole,
né ci sarai in un numero di telefono
o nel colore di un paio di guanti, di una blusa.
Mi infurierò, amor mio, e non sarà per te,
e non per te comprerò dolci,
all’angolo della strada mi fermerò,
a quell’angolo a cui non svolterai,
e dirò le parole che si dicono
e mangerò le cose che si mangiano
e sognerò i sogni che si sognano
e so molto bene che non ci sarai,
nè qui dentro, il carcere dove ancora ti detengo,
nè la fuori, in quel fiume di strade e di ponti.
Non ci sarai per niente, non sarai neppure ricordo,
e quando ti penserò, penserò un pensiero
che oscuramente cerca di ricordarsi di te.

Non ci sarai, eppure ci sei

Ci sono parole che sembrano scritte con l’inchiostro delle assenze più vere.
Eppure… mentre leggevo, ho pensato a te.
A come ci si può ricordare di qualcuno anche quando ci si impone di dimenticarlo.
A quell’angolo dove, per un periodo della mia vita, speravo di vederti spuntare.
Al menù sfogliato in due, ai posti “tutti occupati” che diventavano occasione per riderci su.
Ho pensato a quanto sia strano sentirsi pieni di mancanza.

Questo testo è una dedica a ciò che rimane quando nulla è rimasto.
È per te, che non ci sei da tanto ma che, come una piccola eco, riesci ancora a bussare piano ai miei pensieri.
E io, lo ammetto, continuo ogni tanto a fermarmi a quell’angolo, in quel parco, su quella pachina anche se so che non ci sarai.

Perché ci sono assenze che lasciano una presenza sottile, come polvere di luce.
E a modo loro, restano.

Valgo anch’io

Quanto costano le insicurezze?
Le mie? Circa cinque anni di corse, notti storte e almeno 10.000 euro senza contare libri, viaggi, ferie saltate e qualche cena rimandata.

È questo, più o meno, il prezzo della mia laurea.

Ma in realtà, non è mai stata una questione di soldi.
Il vero nodo era un altro: perché sentivo il bisogno di farlo?

Lavoravo già nell’informatica da una vita. Letteralmente. Già da ragazzino smanettavo con codici e cose che, all’epoca, sembravano solo hobby nerd… e invece oggi mi ci pago il mutuo.

Qualsiasi competenza, volendo, potevo trovarla in un libro o in un corso online. Bastava la voglia.
Ma allora perché?
Perché cercavo una medaglietta.

La verità è che laurearmi lì, in quel posto, significava sentirmi abbastanza. Sentirmi uno di quelli giusti. Quelli con il bollino.
Come se la pergamena dicesse al mondo (e a me stesso):
“Ehi, vedi? Valgo anch’io.”