10 leggi universali

Nella vita di tutti i giorni ci troviamo spesso a fronteggiare problemi, decisioni difficili e momenti di incertezza. E se ci fossero delle leggi universali che potessero guidarci verso una maggiore consapevolezza e benessere? Ecco dieci principi fondamentali che, se applicati con costanza, possono davvero trasformare la tua vita.

1. La Legge di Kidlins: Scrivere per Risolvere

Hai mai notato che scrivere un problema ti aiuta a vederlo in modo più chiaro? Quando metti nero su bianco le tue difficoltà, inizi automaticamente a trovare soluzioni. Il semplice atto di scrivere divide il problema in parti più gestibili, riducendone il peso mentale.

2. La Legge di Murphy: Affronta le Tue Paure

Più temiamo qualcosa, più essa sembra realizzarsi. Questo accade perché la nostra mente si concentra su ciò che temiamo, rendendolo più probabile. Il segreto? Cambia focus. Trasforma la paura in un’opportunità di crescita e impara a gestire le tue emozioni.

3. La Legge di Jung: Accettazione e Cambiamento

Non possiamo cambiare nulla se prima non lo accettiamo. Resistere alla realtà crea solo stress e frustrazione. Accettare significa riconoscere la situazione e poi lavorare attivamente per migliorarla.

4. La Legge del Talmud: Il Mondo è uno Specchio

Non vediamo le cose per come sono, ma per come siamo. Questo significa che il nostro stato d’animo e le nostre credenze influenzano il modo in cui interpretiamo la realtà. Per cambiare la nostra vita, dobbiamo prima cambiare noi stessi.

5. La Legge di Parkinson: Lavorare con Efficienza

Il lavoro si espande fino a riempire tutto il tempo che gli diamo. Se lasci una giornata intera per completare un compito, probabilmente impiegherai tutto il giorno. Ma se riduci il tempo a disposizione, sarai più produttivo e focalizzato.

6. La Legge di Tolstoj: La Felicità è nel Momento Presente

Essere felici non significa ottenere sempre ciò che desideriamo, ma imparare ad amare ciò che facciamo. La gratitudine per il presente è la chiave per una vita più appagante.

7. La Legge dell’Attrazione: Focalizzati su Ciò che Vuoi

Ciò su cui ti concentri tende ad espandersi nella tua vita. Se ti lamenti continuamente, attirerai più problemi. Se invece ti concentri sulle soluzioni e sulle opportunità, la tua realtà cambierà di conseguenza.

8. La Legge di Falkland: Non Decidere Troppo in Fretta

Quando non sei costretto a decidere, non decidere. Spesso la fretta porta a scelte sbagliate. Prenditi il tempo necessario per riflettere, soprattutto nelle decisioni importanti.

9. La Legge di Pareto: Il 20% degli Sforzi Porta all’80% dei Risultati

Identifica le attività che portano il massimo risultato con il minimo sforzo. Concentrati su ciò che conta davvero e impara a delegare o eliminare ciò che è superfluo.

10. La Legge di Einstein: Comprendi per Spiegare

Se non riesci a spiegare qualcosa in modo semplice, significa che non l’hai ancora capita davvero. La chiarezza è il segnale di una comprensione profonda. Studia, semplifica e condividi la tua conoscenza.

Nell’oscurità

È ormai da qualche giorno che mi ronza in testa questa frase:

“La vittoria è celebrata nella luce, ma è vinta nell’oscurità”.

Questa frase è apparsa nella prima puntata di “Dune: la profezia”, che ho rivisto ultimamente per poter vedere il secondo episodio con una memoria rinfrescata.

Più ci penso e più mi convinco che i momenti più significativi della nostra vita, seppur celebrati sotto i riflettori, in realtà nascono altrove…

Nascono nell’intimità delle nostre scelte quotidiane e nel silenzio delle ore dedicate ad un impegno spesso invisibile agli altri.


Oggi più che mai, la nostra è la società del visibile.

Misuriamo il nostro valore e il nostro successo con metriche decise in qualche azienda della Silicon Valley.

Cuoricini, like, visualizzazioni, followers, condivisioni.

Che si tratti della laurea, una gara sportiva, la nascita di un figlio, una vacanza, un concerto: se non celebriamo questi accadimenti nella luce degli schermi dei nostri smartphone, sentiamo quasi di non averli vissuti davvero.

Ed è diventata talmente importante questa celebrazione sotto i riflettori digitali, che c’è chi sente la pressione di dover fingere questi successi non ancora raggiunti con filtri per video e foto, auto sportive a noleggio, orologi di lusso falsi, un eccessivo ricorso alla chirurgia estetica o vacanze pagate con dei prestiti.

Per questo oggi ciò che è invisibile, ciò che è autentico, è più importante che mai.

Da questo punto di vista, l’oscurità non è un luogo di paura, ma uno spazio di potenzialità.

È nell’oscurità, lontano dai riflettori, che impariamo a confrontarci con noi stessi e le nostre insicurezze.

È nell’oscurità, di quei giorni senza infamia e senza lode, che impariamo a coltivare le nostre competenze e la nostra costanza.

È nell’oscurità, della vita non condivisa a mezzo social, che assaporiamo il valore dei rapporti autentici.

La vera vittoria è già nostra, ogni volta che scegliamo di fare un passo avanti, anche quando nessuno ci sta guardando.

Abbraccia l’invisibile caro Luigi. Coltiva la tua definizione di successo lontano dai riflettori.

Ciò che fai oggi nell’oscurità, sarà ciò che illuminerà il tuo domani.


Complessità d’interazione

Perché le piccole squadre vincono

Vincono perché risolvono la complessità della comunicazione.

La legge di Metcalfe dice che ogni volta che aggiungi un nuovo utente a una rete, il numero di connessioni aumenta proporzionalmente al quadrato del numero di utenti. Questa è tecnologia, M cosa significa questo per la tua organizzazione e i tuoi team?

La struttura della nostra mente è che non può davvero gestire un gran numero di relazioni. Scienziati come Robin Dunbar ci hanno detto per decenni che il nostro mondo sociale è molto piccolo.

Dicono che ci sono circa 5 persone con cui possiamo avere relazioni strette e altre 15 persone con cui possiamo avere relazioni leggermente meno intense. Pensa alle squadre sportive, per esempio. Raramente sono più grandi di 15 persone.

Per questo motivo, le organizzazioni progressiste si sono allontanate dalle tradizionali gerarchie manageriali. Al contrario, si strutturano come reti decentralizzate di team.

Queste reti non hanno (o pochi) quadri intermedi. Sono dotati di team altamente autonomi in cui i membri si occupano della comunicazione, del coordinamento e della contrattazione.

Ma come mostra la legge di Metcalfe, quando non ci sono manager, i team devono essere abbastanza piccoli da non sovraccaricare i membri di comunicazioni e informazioni

Quale pensi sia il futuro delle organizzazioni?

Critical Thinking

Tip: Critical thinking skills can be really valuable for Software engineers, Product and many other walks of life. It’s about approaching new information with a mix of humble curiosity and doubt.

Think independently and ask good questions that help make thoughtful decisions.

In broad strokes, some of the questions I like to ask based on critical thinking are:

➡️ How do we know we’re solving the right problem?
➡️ How do we know we’re solving the problem in the right way? (i.e. balancing rigor and efficiency, given our understanding of the problem and constraints)
➡️ If we don’t know the sources of our problem, how can we determine the root cause?
➡️ How can we break the key question down into smaller questions that we can analyze further?
➡️ Once we have one or more hypotheses, how do we structure work to evaluate them?
➡️ What shortcuts might we take if we’re under constraints (time pressure) without unduly compromising our analytics rigor around the question?
➡️ Does the evidence sufficiently support the conclusions?
How do we know when we are done? When is the solution “good enough”?
➡️ How do I communicate the solution clearly and logically to all stakeholders?

I’ve found these questions often help. Sometimes we’ll address the symptom of a problem, only to discover there are other symptoms that pop up. At other times, we might quickly ship a solution that creates more problems later down the road.

With a lens on critical thinking, we might challenge assumptions, look closer at the risk/benefit, seek out contradictory evidence, evaluate credibility and look for more data to build confidence we are doing the right thing.

Being in engineering or product, we can sometimes rush to solve a problem right away so it feels like we’re making progress or looks like we’re being responsive to stakeholders. This can introduce risks if we aren’t asking the right questions before doing so, fully considering causes and consequences. Put another way, critical thinking is thinking on purpose and forming your own conclusions. This goal-directed thinking can help you focus on root-cause issues that avoid future problems that arise from not keeping in mind causes and consequences.

Critical thinkers:
➡️ Raise mindful questions, formulating them clearly and precisely
➡️ Collect and assess relevant information, validating how they might answer the question
➡️ Arrive at well-reasoned conclusions and solutions, testing them against relevant criteria and standards
➡️ Think open mindedly within alternative systems of thought, recognizing and assessing, as need be, their assumptions, implications, and practical consequences
➡️ Communicate effectively with others in figuring out solutions to complex problems

Luigi è a lavoro ?

Se nei giorni in cui lavoro da remoto entra qualcuno in ufficio chiedendo di me, ecco non dite mai “No, oggi Luigi non c’è, è in smartworking” ma rispondete “Sì, sì, oggi Luigi c’è, lavora in smartworking”.

Si potrebbe sintetizzare così lo smartworking, in italiano il lavoro agile. Perché si lavora anche così, non necessariamente seduti alla scrivania nel proprio ufficio. L’abbiamo imparato, chi già non lo faceva prima, in questi due anni di pandemia. Ci si può organizzare meglio, si risparmia tempo e tanto la produttività quanto la vita personale ne traggono vantaggio. Win-win, per stare sull’inglese. Che poi, per rispondere agli scettici, guardate che chi non lavora da casa, di regola non lavora neppure dall’ufficio.

Dal 1 settembre, ormai ci siamo, torna obbligatorio l’accordo individuale, sospeso negli ultimi due anni. Cos’è? È il fulcro dello smartworking (che ricordiamo non è un contratto di lavoro ma una sua modalità di esecuzione).

Datore di lavoro e lavoratore si devono mettere d’accordo su come organizzare il lavoro, in parte all’interno dei locali aziendali e in parte all’esterno, senza precisi vincoli di orario e di luogo di lavoro. È un accordo, il che significa che se una delle parti non è – appunto – d’accordo non se ne fa nulla. Ed è individuale, non collettivo (anche se spesso regolamenti o contratti collettivi possono dare indicazioni).

L’accordo deve essere stipulato in forma scritta, dicono le norme, “ai fini della regolarità amministrativa e della prova” e deve essere conservato dal datore di lavoro per cinque anni dalla sua sottoscrizione. Nessuna sanzione esplicita se manca l’accordo, ma conseguenze in base ai fini che è chiamato a raggiugere. Come provare i contenuti dell’accordo? Quali le conseguenze in caso di infortunio?

Novità degli ultimi giorni: l’accordo individuale, a differenza del periodo pre-pandemico, non deve più essere trasmesso al Ministero del Lavoro al quale basterà sapere (oltre all’elenco dei lavoratori interessati) la data di sottoscrizione dell’accordo e la sua durata. La comunicazione di questi dati (che poi il Ministero trasmetterà all’Inail) dovrà essere effettuata entro cinque giorni dalla sottoscrizione dell’accordo, pena una sanzione pecuniaria da 100 a 500 euro. Per la prima fase transitoria il termine è fissato al 1 novembre.

Bene, inizia la fase due dello smartworking ordinario e non più emergenziale!

E ricordatevi che risposta dare quando, non trovandomi in ufficio, vi chiederanno “Oggi Luigi è al lavoro?”.