non arriva neanche un po’ di musica quando qui manchi tu.
“Perché a volte è così. Sarà anche un giorno di Dicembre, sarà anche che fuori senti i bar fare rumore ma il tuo unico interesse è scrivere sul bordo di una finestra appannata. Un cuore.
Ogni volta ti sorprendi di quanto può far male. Per un paio di canzoni. Solo per cantare un po’.
Circondarsi di persone sbagliate e poi rimanerne imprigionato, trasformare l’energia in odio, l’odio in supplica, la supplica in un silenzio stanco e pieno.
Guardarsi indietro e sperare di non aver fatto, magari inconsciamente, lo stesso male subito. E se così fosse, sperare di poter chiedere scusa e grattarsi via di dosso tutto lo sporco della cattiveria.
Raccontare se stessi è raccontare gli altri: chi hai incontrato e chi avresti voluto conoscere. E a volte perdersi.
L’amore e le sue carezze ti permettono di guardare tutto con una messa a fuoco perfetta. E apprezzare e sorridere e ringraziare.
Gli schiaffi, invece, ti buttano la faccia per terra e la tua vista viene molestata da uno schianto di immagini troppo confuse. E non sai più dove sei.
E allora ritrovare il proprio fuoco, il proprio centro. E ricominciare.
E intanto scrivere sul bordo di una finestra. Solo cantando un po’.”
Ho ritrovato questi appunti l’altro giorno e ho capito che forse è arrivato il momento di arrestare per un po’ la corsa. Sono in quella fase in cui tutto potrebbe essere ma ancora non è. Nell’ultimo periodo ho lasciato troppo spazio a persone sbagliate del mio passato e adesso devo riprendere in mano le chiavi di casa. Sì, sono sparito un po’. Mi sono nascosto dal mondo per proteggermi.
Ho fatto uno sbaglio imperdonabile però: ho confuso la ricerca di protezione con la paura. E mi sono nascosto per paura.
Basta finti sorrisi e parole non dette. Basta con tutti quei “era meglio parlarci”.
Amare. Ma amare significa amare gli sbagli. Tutti gli sbagli. E ora voglio solo amare il mio essere così sbagliato.