Incubo di una notte di mezza prescrizione

Ieri notte ho avuto un incubo. Uno di quelli che sembrano più veri del vero, di quelli che ti svegli tutto sudato nel cuore della notte.

Ho sognato il 2006 e la Juventus sotto processo. Ho sognato l’angoscia di quei momenti, il senso di stupore, che diventava depressione e poi dubbio. Ho sognato di interisti con la bava a bordo mento e ho visto le aule processuali assaltate come il forno delle grucce. Ho sognato titoli di giornali, salotti televisivi, ipotesi/speranze di condanna. Poi, pensate cosa ho sognato, ho sognato la sentenza: Juventus, Milan, Lazio e Fiorentina penalizzate di 20 punti. 20 punti e morta lì.
Ho sognato l’indignazione nerazzurra, lo stupore dei giornalisti, ho visto urlatori televisivi mordersi la lingua, ho letto venefici editoriali gazzettati, ho ascoltato furenti controcampi e l’esplodere dei soliti sospetti su quella Triade che la fa sempre franca.
Bla bla bla, parlate pure quanto volete. Volevate la B, maledetti corvacci.

Poi però ho sognato la parte peggiore: l’Inter vinceva il campionato post-scandalo (come lo chiamavano loro…) e anche quello successivo. D’altra parte, con quelle penalizzazioni è stato difficile fare mercato. Ho sognato la glorificazione interista come unica squadra incorruttibile del globo terracqueo. Mi son visto Moratti medagliato come un Montecuccoli, magnificato in patria e ossequiato all’estero come emblema del calcio pulito. Era dappertutto: idolo dei giapponesi per l’irresistibile fascino con cui pronunciava la parola “antipatico” (vocabolo che avrebbe col tempo sostituito kawai nella lingua del Sol Levante) e novello ceghevara per i pobres sudamericani, che ammiravano in lui il trionfo della virtù in barba all’arroganza dei potenti. Ho anche sognato giornalisti stilare agiografie e sperticarsi in paragoni: dal Conte di Carmagnola a Calimero, passando per Paperino (nel senso buono, di eroe positivo) e Maria Goretti.
E ho sognato, per questo, di essere incazzato, tremendamente incazzato. La nostra storia sporcata e quelli là, inattaccabili, a godere di ogni gloria e riverenza. Al bar un incubo: persino juventini a dirmi che, alla fine, era andata bene così e che bisognava voltare pagina. Per me, come per alcuni altri, invece era stata un’ingiustizia. Ci avevano fatto pagare colpe mai commesse sulla base di intercettazioni interpretabili, incomplete e fuori contesto. Mi sono sognato mentre spulciavo i libri neri del calcio, quei due Necronomicon pieni di numeri, virgolette e puntini di sospensione. Ho sognato che alcuni tifosi particolarmente rancorosi mi contattavano per mettere in piedi un sito dove rivendicare le nostre ragioni e far sentire la nostra, seppur piccola, voce. Qualche folle, addirittura, aveva avuto l’idea di interpellare un illustre avvocato per proporre un ricorso contro le decisioni della giustizia sportiva.
Ma tutto poi era finito in niente: troppo lavoro, troppa fatica. Anche la Triade aveva subito il colpo e alla fine aveva mollato: le continue pressioni e gli incessanti riferimenti a quella o quell’altra telefonata avevano spinto Moggi, Giraudo e Bettega ad andarsene per altri lidi. Al processo penale avevano puntato tutto sulla prescrizione e, dopo molti anni di tiritere e lungaggini burocratiche (culminate con l’assai poco onorevole tentativo di ricusare il giudice), l’avevano ottenuta.
Il calcio giocato era un’attrattiva troppo forte e il baraccone si era rimesso in moto.
Era finita: la Juve rubava. E se l’era pure cavata con poco.

Dannazione, mi sentivo soffocare. Non poteva essere. Sarebbe andata avanti per anni. Peggio del gol di Turone e dei guanti di Aldair. Non era un incubo, era molto peggio. Perché non c’era via d’uscita.
Come avrei raccontato ai miei figli di questa magnifica passione? Avrei potuto dar loro qualsiasi interpretazione, ma la carta avrebbe pur sempre cantato più forte di me: c’era una sentenza che parlava chiaro e tonnellate di articoli, elzeviri e servizi televisivi a far da triste contorno.
Giuro, avrei preferito piuttosto scendere in serie B. Mi sarebbe stata meno dolorosa la revoca di uno (o due) scudetti. Che Iddio mi fulmini, avrei preferito persino una proprietà che si autoaccusasse. Per rendere evidente l’ingiustizia e avere la possibilità di scoprire la verità su quanto accaduto. Il popolo juventino si sarebbe mobilitato, avremmo potuto farci sentire, rompere le scatole. Avremmo potuto unirci, incontrarci, conoscerci e riaffermare la nostra indistruttibile juventinità. Sarebbe stato bello conoscere altri come me…

Poi, improvvisamente, mi sono svegliato.
Era un maledettissimo incubo!
Ancora mezzo addormentato accendo il computer e mi collego ad internet. Colto da un angosciante dubbio, voglio controllare. Voglio essere sicuro di essere sveglio e che tutto è assolutamente reale. Nessuna voce amica però. La notizia – se è vera – sarà dappertutto. Da un forum interista leggo:

Facchetti è stato AMMAZZATO da Palazzi.
Lo ha giudicato colpevole di violazione del ARTICOLO 6.
Moggi invece condannato PER SOMMA DI ART. 1.
Quindi Facchetti era peggio di Moggi.
Un’infamia totale. Una vergogna senza limiti.

Se lo dicono loro, allora è vero. Caspita, la realtà certe volte è molto meglio dei sogni