Se nei giorni in cui lavoro da remoto entra qualcuno in ufficio chiedendo di me, ecco non dite mai “No, oggi Luigi non c’è, è in smartworking” ma rispondete “Sì, sì, oggi Luigi c’è, lavora in smartworking”.
Si potrebbe sintetizzare così lo smartworking, in italiano il lavoro agile. Perché si lavora anche così, non necessariamente seduti alla scrivania nel proprio ufficio. L’abbiamo imparato, chi già non lo faceva prima, in questi due anni di pandemia. Ci si può organizzare meglio, si risparmia tempo e tanto la produttività quanto la vita personale ne traggono vantaggio. Win-win, per stare sull’inglese. Che poi, per rispondere agli scettici, guardate che chi non lavora da casa, di regola non lavora neppure dall’ufficio.
Dal 1 settembre, ormai ci siamo, torna obbligatorio l’accordo individuale, sospeso negli ultimi due anni. Cos’è? È il fulcro dello smartworking (che ricordiamo non è un contratto di lavoro ma una sua modalità di esecuzione).
Datore di lavoro e lavoratore si devono mettere d’accordo su come organizzare il lavoro, in parte all’interno dei locali aziendali e in parte all’esterno, senza precisi vincoli di orario e di luogo di lavoro. È un accordo, il che significa che se una delle parti non è – appunto – d’accordo non se ne fa nulla. Ed è individuale, non collettivo (anche se spesso regolamenti o contratti collettivi possono dare indicazioni).
L’accordo deve essere stipulato in forma scritta, dicono le norme, “ai fini della regolarità amministrativa e della prova” e deve essere conservato dal datore di lavoro per cinque anni dalla sua sottoscrizione. Nessuna sanzione esplicita se manca l’accordo, ma conseguenze in base ai fini che è chiamato a raggiugere. Come provare i contenuti dell’accordo? Quali le conseguenze in caso di infortunio?
Novità degli ultimi giorni: l’accordo individuale, a differenza del periodo pre-pandemico, non deve più essere trasmesso al Ministero del Lavoro al quale basterà sapere (oltre all’elenco dei lavoratori interessati) la data di sottoscrizione dell’accordo e la sua durata. La comunicazione di questi dati (che poi il Ministero trasmetterà all’Inail) dovrà essere effettuata entro cinque giorni dalla sottoscrizione dell’accordo, pena una sanzione pecuniaria da 100 a 500 euro. Per la prima fase transitoria il termine è fissato al 1 novembre.
Bene, inizia la fase due dello smartworking ordinario e non più emergenziale!
E ricordatevi che risposta dare quando, non trovandomi in ufficio, vi chiederanno “Oggi Luigi è al lavoro?”.