Perdonare

Perdonare le persone in silenzio
e scegliere di non parlare mai più con loro
non è né rabbia né rancore.
È un modo per proteggersi.
È accettare di lasciar andare
ciò che appartiene al passato,
senza riaprire la porta a una nuova sofferenza.
Perdonare non significa dimenticare…
Significa scegliere la pace per sé stessi.

Non rimandare

Ogni volta che rimandiamo la sveglia.
Ogni volta che saltiamo l’allenamento.
Ogni volta che passiamo ore a scrollare.
Ogni volta che mangiamo quelle porcherie.
Ogni volta che andiamo a dormire troppo tardi.
Ogni volta che non manteniamo quella promessa.

stiamo negoziando con noi stessi.

E il problema è che siamo pessimi negoziatori.

Al tavolo della trattativa mentale a vincere è sempre la peggiore parte di noi, quella che vive di comfort immediati a scapito del nostro benessere e della nostra felicità a lungo termine.

Certo, essere flessibili è fondamentale.

Dobbiamo saperci comprendere.
Dobbiamo saperci perdonare.
Dobbiamo saperci ascoltare.

L’errore, però, è far coincidere il momento dell’ascolto con il momento dell’impulso (emotivo).

Il vero ascolto richiede una mente lucida.

Lo so, queste negoziazioni quotidiane, lì per lì, non sembrano cosa grave:

  • “Dai, solo altri 5 minuti”.
  • “Andrò in palestra domani”.
  • “Ancora un video e stacco”

Eppure l’accumulo di questi piccoli compromessi erode, giorno dopo giorno, la nostra forza di volontà, rendendoci sempre più sfiduciati e deboli.

Smettila di negoziare con te, Luigi.

Il rispetto verso noi stessi non è negoziabile.
Il nostro benessere non è negoziabile.
I nostri sogni non sono negoziabili.

La parola che ci diamo ha un valore.

Se continuiamo a non rispettarla, difficilmente rispetteremo noi stessi.

Quale promessa manterrai questa settimana, Luigi?

Spegnere tutto

Ci sono momenti nella vita in cui il dolore diventa insostenibile. Situazioni in cui il cuore è così ferito che l’unica soluzione sembra essere spegnere tutto.

Ricordo perfettamente il giorno in cui presi quella decisione. Ogni dettaglio è impresso nella mia memoria: il luogo in cui mi trovavo, il colore della chat aperta davanti a me, il periodo dell’anno, persino cosa avevo mangiato quel giorno. È strano come, nei momenti cruciali della vita, tutto si cristallizzi nella mente con un’accuratezza quasi maniacale. Ogni particolare diventa un tassello di quel ricordo indelebile. E fu in quell’istante che mi feci una promessa: basta emozioni, basta aspettative, basta dolore. Dovevo proteggermi, e l’unico modo per farlo era spegnere tutto.

All’inizio funzionò. Vivevo in una sorta di bolla, distante, inaccessibile. Nessuna delusione, nessuna sofferenza. Eppure, con il passare del tempo, iniziai a rendermi conto che insieme al dolore, avevo spento anche tutto il resto. Avevo perso l’amore, il sesso, il calore di un abbraccio, la complicità, il desiderio. Ero diventato un’ombra di me stesso.

Come spesso, mi piace accostare una canzone ad un sentimento, e “La notte di Arisa” è perfetta:

“E se fosse l’ultima notte sarebbe bellissima, perduta tra le tue braccia a ridere di questa vita.”

Mi fermai, ascoltando ogni nota, ogni parola che sembrava parlare di me. La notte porta con sé il peso dei pensieri, ma anche la speranza che il buio non sia eterno.

Avrei voluto dire che in quel momento tutto è cambiato, che la luce ha vinto sul buio. Ma la verità è che sto ancora combattendo. Ogni notte è una battaglia tra la voglia di restare nell’ombra e il desiderio di lasciarmi scaldare da un nuovo giorno. E forse, proprio in questa lotta, sto iniziando a ritrovare me stesso.

Forse siamo una canzone

Mi piace pensare a certe storie in questo modo: si fondono con una canzone, e ogni volta che la ascolti, senti che appartiene a quella storia.

Ogni tanto mi ritrovo qui a risentire questa canzone e non può che ritornarmi in mente tu. Me la fece sentire un pomeriggio, non era mio genere e non amavo Cremonini, anzi mi stava sulle palle, ma subito dopo il primo ascolto fu amore a prima vista. Io e te, che eravamo argento fra le stelle, che abbiamo sempre sognato un futuro assieme, che non abbiamo mai smesso di credere in “noi” nonostante la distanza ci stesse distruggendo, tu che sei stato il solo grado di capirmi, e che mi ha regalato la sera più bella della mia vita quando in quella stanza di albero a Firenze mi ha detto che avevi letto il blog, esattamente dove non dovevi.

Poi un giorno “lui si svegliò senza lei nudo nella tempesta” e ho dovuto ricominciare tutto da capo, stavolta senza di te al mio fianco, a piccoli passi.

Nell’oscurità

È ormai da qualche giorno che mi ronza in testa questa frase:

“La vittoria è celebrata nella luce, ma è vinta nell’oscurità”.

Questa frase è apparsa nella prima puntata di “Dune: la profezia”, che ho rivisto ultimamente per poter vedere il secondo episodio con una memoria rinfrescata.

Più ci penso e più mi convinco che i momenti più significativi della nostra vita, seppur celebrati sotto i riflettori, in realtà nascono altrove…

Nascono nell’intimità delle nostre scelte quotidiane e nel silenzio delle ore dedicate ad un impegno spesso invisibile agli altri.


Oggi più che mai, la nostra è la società del visibile.

Misuriamo il nostro valore e il nostro successo con metriche decise in qualche azienda della Silicon Valley.

Cuoricini, like, visualizzazioni, followers, condivisioni.

Che si tratti della laurea, una gara sportiva, la nascita di un figlio, una vacanza, un concerto: se non celebriamo questi accadimenti nella luce degli schermi dei nostri smartphone, sentiamo quasi di non averli vissuti davvero.

Ed è diventata talmente importante questa celebrazione sotto i riflettori digitali, che c’è chi sente la pressione di dover fingere questi successi non ancora raggiunti con filtri per video e foto, auto sportive a noleggio, orologi di lusso falsi, un eccessivo ricorso alla chirurgia estetica o vacanze pagate con dei prestiti.

Per questo oggi ciò che è invisibile, ciò che è autentico, è più importante che mai.

Da questo punto di vista, l’oscurità non è un luogo di paura, ma uno spazio di potenzialità.

È nell’oscurità, lontano dai riflettori, che impariamo a confrontarci con noi stessi e le nostre insicurezze.

È nell’oscurità, di quei giorni senza infamia e senza lode, che impariamo a coltivare le nostre competenze e la nostra costanza.

È nell’oscurità, della vita non condivisa a mezzo social, che assaporiamo il valore dei rapporti autentici.

La vera vittoria è già nostra, ogni volta che scegliamo di fare un passo avanti, anche quando nessuno ci sta guardando.

Abbraccia l’invisibile caro Luigi. Coltiva la tua definizione di successo lontano dai riflettori.

Ciò che fai oggi nell’oscurità, sarà ciò che illuminerà il tuo domani.