Chain of memories

Per me, “5 cm al secondo” non rappresenta l’immagine fallita di un amore.

Da un romantico incallito, ho pianto e sono stato frustrato per il suo finale. Credevo ancora nell’idea di una persona unica che potesse salvarmi da questo mondo freddo. La suspense del film mi ha quasi straziato e, alla fine, la frustrazione mi ha fatto scaturire lacrime di rabbia. Perché qualcuno dovrebbe realizzare un film così crudele?

Ho riflettuto su me stesso e sono rimasto sorpreso e arrabbiato, mescolando la rabbia del passato con un’altra frustrazione: quella delle mie storie d’amore fallite, dei tentativi infruttuosi di mantenere persone importanti nella mia vita, sfidando ogni avversità e buon senso, e fallendo miseramente.

Più mi faceva male e più volevo dimostrare di poter farcela. Ho perso persone che amavo e a volte mi sdraio a letto faticando a ricordarle, perché il mio cuore è così gravato che potrebbe smettere di battere da un momento all’altro. Quindi, lascio andare, e non mi riferisco solo ai compagni.

Quando è iniziata l’ultima scena, mi ha colpito all’improvviso. Finalmente ho compreso di cosa si trattava.

La vita non è facile e ci saranno sempre momenti in cui, per quanto tu ci provi, non potrai aggrapparti alle cose che ami, o meglio, alle persone in cui credi di amare. Lasciare andare è accettabile.

È umano provare dolore, sentirsi disperati e dare il massimo per non perdere ciò che è importante, ma ciò può distruggerti completamente.

Va bene finalmente lasciarsi andare e ricominciare a vivere la propria vita. Penso che, proprio come nel film, la ragazza sia stata in grado di lasciare andare molto prima di lui.

Lui ha aspettato, incerto. Si interrogava spesso se quell’amore fosse quello perfetto per cui combattere una vita intera.

Ma quando ha visto che nessuno lo stava aspettando, ha sorriso. Come se gli fosse appena tornato in mente un nostalgico ricordo felice. Ed è andato avanti. Il ricordo nel suo cuore e la sua vita davanti.

Spero di trovare anche io questo sorriso. Ci siamo quasi.

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