KOMOREBI – 木漏れ日

Una delle mie parole preferite in assoluto è questa, komorebi, la luce che filtra tra le foglie degli alberi. C’è qualcosa di assolutamente poetico, quasi magico, in una cultura che crea una parola apposta per un concetto del genere.

Ma la meraviglia di questa parola non è limitata al suo significato. Sia come vocabolo in sé, sia dal punto di vista dei kanji, è una parola davvero molto interessante. Cominciamo a chiederci… Da dove viene?

Komorebi è in realtà un termine composto… da ben tre parole! 木 ki, albero, 漏れ more, da 漏れる moreru, perdere, gocciolare, e infine 日 hi, sole, giorno. E su tutte e tre c’è qualcosa di speciale da dire.

木 ki, albero, è sempre pronunciato “ki”, appunto (come kun’yomi)… tranne che in tre vocaboli, in cui è pronunciato “ko” (be’, tre sono quelli che val la pena ricordare): 木霊 kodama, l’eco (o, letteralmente, “lo spirito degli alberi”), 木立 kodachi, cespuglio, e 木漏れ日 komorebi, appunto. Piccola curiosità, in passato aveva anche una pronuncia “ku”, rimasta nella parola 果物 kudamono (=ki no mono, lett. “le cose degli alberi”), ovvero “la frutta”… forse qualcuno ricorderà che ne ho parlato qui, a proposito di “no” e delle sue “varianti”.

漏れる invece riguarda liquidi o gas che gocciolano/fuoriescono quando qualcosa perde e, in senso figurato, suoni, luce, informazioni… Potrebbe non suonare benissimo pensare a una “perdita”, ma trovo ci sia comunque qualcosa di molto poetico nel vedere questa luce che ci piove addosso filtrando tra i rami degli alberi. E se vi sembra strano, pensate che esiste l’espressione 木漏れ日に濡れる komorebi ni nureru, bagnarsi nella luce che filtra tra gli alberi.

日 hi, infine, letto “bi” come capita in certe parole composte, normalmente indica il sole o, per estensione, il giorno, ma qui con una metafora (abbastanza rara) assume il senso di luce …tanto che komorebi può usarsi anche in riferimento alla luce della luna. Anche se a guardare l’immagine qui sotto, forse dovremmo includere anche la luce delle stelle… 😉